Quando Henri Matisse scoprì i meravigliosi paesaggi della Corsica

In questo paese tutto brilla, tutto è colore, tutto è luce”. Così scrisse il celebre pittore francese Henri Matisse al suo amico Henri Salvetto per descrivere il paesaggio della Corsica, paese in cui era approdato da qualche giorno per festeggiare le recenti nozze con Amélie Parayre. Lo sbarco al porto di Ajaccio il 5 febbraio del 1898 rappresentò l’inizio di un viaggio che avrebbe cambiato per sempre il suo modo di dipingere e di concepire l’arte.

Matisse e la Corsica :

Henri Matisse in Corsica

L’impatto con il paesaggio della Corsica fu così folgorante che il pittore francese decise di prolungare di qualche mese il suo soggiorno sull’isola della bellezza. Non ancora trentenne, Matisse, che proveniva da un paese del Nord della Francia per la prima volta scopriva il Sud e il Mediterraneo: “mandorli in fiore in mezzo a ulivi argentati e il mare blu, talmente blu che lo si mangerebbe. Gli alberi di arancio verde scuro con i frutti che sono come gioielli incastonati, grandi eucalipti con le foglie variegate come piume di gallo… e alle spalle montagne con le cime innevate”. Ma in Corsica Matisse si sentì anche finalmente libero di sperimentare, lontano dai dettami del suo maestro dell’École des Beaux-Arts, Gustave Moreau. Da breve soggiorno, il viaggio in Corsica si trasformò in una permanenza di sei mesi, mesi febbrili in cui l’artista francese dipinse oltre cinquanta tele. L’intensità dei colori della Corsica pervase la tela, la pittura divenne libera e priva di contorni, le emozioni si fusero con le percezioni, creando nuove relazioni che Matisse approfondì più tardi durante la sua carriera nei Gouaches découpées, raccolti nel volume Jazz del 1946.

Il blu e l’arancio della Corsica

Il blu e l’arancione diventarono i colori della Corsica, colori poi preponderanti nell’arte di Matisse, come dimostra la serie dei Nudi blu del 1952. In Corsica Henri Matisse si aprì a tonalità nuove senza precedenti, concependo il colore come una forza autonoma dotata di un’energia espressiva non più assoggettata alla descrizione o all’imitazione della natura: il paesaggio si scompose in una quantità infinita di tonalità prive di una delimitazione e gli elementi si fondono tra loro. In particolare nell’opera Mur rose [de l’hôpital d’Ajaccio], 1898, che rappresenta l’ospedale di Ajaccio, il blu e il rosa/arancio del muro sembrano già anticipare, come indica nel suo libro “Matisse ad Ajaccio, Jacques Poncin, alcuni degli elementi della “poetica fauve”. Durante i due anni che costituiscono il periodo fauve di Matisse (1904-1906), l’artista utilizzò il colore in modo differente, come un fattore di natura puramente mentale, applicandolo alle immagini in modo intuitivo basandosi sulla logica imposta dai colori stessi, nello stesso modo in cui il musicista assembla le note. Nei dipinti dei Fauves, infatti, mancano le gradazioni di colore, le sfumature, gli effetti di chiaroscuro e di volume: l’opera non è più vincolata al soggetto, ma autosufficiente. Successivamente Henri Matisse, facendo un bilancio della stagione còrsa nei dialoghi con Jacques Guenne, spiegò di essere giunto a scoprire il segreto della sua arte: una meditazione che parte dalla natura, l’espressione di un sogno sempre legato alla realtà.

Photo credits:

Foto di Michel B. da Wikimedia

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